EDITORIALE: Corso di laurea in scienze forestali e ambientali: rendiamo nuovamente possibile anche la laurea a ciclo unico?

In questi mesi la vita degli atenei italiani è caratterizzata dall’applicazione delle novità previste della recente legge di riforma. Un po’ dappertutto si stanno rinnovando le strutture primarie (scuole, dipartimenti) e gli organi dirigenti. Si tratta di un processo che in più di un caso ha comportato riformulazioni dell’offerta formativa, razionalizzazione dell’organizzazione didattica, a volte anche dolorose soppressioni.

Nel complesso mi sembra di poter dire che l’università stia reagendo in modo razionale a una congiuntura sicuramente sfavorevole e abbia accettato la “cura dimagrante” convinta che possa essere foriera di maggior salute.
Forse non sarà sufficiente, ma la capacità di adattamento fin qui dimostrata potrebbe essere di buon auspicio anche in relazione alla necessità di reagire a richieste di cambiamento che nel futuro prossimo potrebbero essere ancor più drastiche. Ad esempio, è in corso una complessa, e direi trasparente, operazione per la valutazione della ricerca universitaria che dovrebbe fornire utili indicazioni anche per il temuto bisturi della spending review e della successiva riduzione della spesa pubblica, che inevitabilmente toccherà ancora l’università.
In sintesi: un quadro di notevole dinamica riorganizzativa e un’accetabile capacità di gestirlo.
Sorprende però che, all’interno di queste dinamiche, raramente sia stato affrontato il punto relativo alla  valutazione critica ed ‘eventuale riorganizzazione del cosiddetto sistema 3+2 (laurea triennale e laurea magistrale), imposto dalla riforma Berlinguer del 1999.
Eppure i motivi ci sarebbero.
Mi limito a considerare in questa sede la situazione che riguarda il principale corso di laurea che prepara tecnici e professionisti per quell’attività di grande importanza consistente nella salvaguardia e gestione del territorio forestale (più di un terzo del territorio italiano): il corso di laurea in scienze forestali e ambientali.
Ebbene, gli umori che si intercettano, rivelano che esiste ampio malcontento e insoddisfazione circa gli esiti di una riforma (quella del 1999) che ha imposto, per questo corso, una laurea triennale (laurea breve) e una successiva laurea biennale (specialistica o magistrale). Malcontento espresso sia da molti docenti che da molti gli sudenti.
Per tre motivi, secondo il sottoscritto.
Innanzitutto, la riforma ha sostanzialmente fallito l’obbiettivo di far laureare “presto” gli studenti, per adeguarsi agli standard europei. E’ stato illusorio pensare di risolvere per via escusivamente organizzativa un problema la cui soluzione esige soprattutto una diversa impostazione culturale, sia da parte degli studenti che da parte dei docenti.
In secondo luogo, spiace dirlo, la laurea triennale viene spesso percepita come una laurea di serie B che attira una certa (non trascurabile) percentuale di studenti poco motivati, che arrivano comunque in ritardo alla laurea e poi, per inerzia, si iscrivono alla successiva laurea magistrale, che viene quindi a perdere il significato di corso potenzialmente elitario.
Infine, la professione verso la quale il corso di laurea indirizza, si presta malamente a figure professionali differenziate. Qualsiasi intervento sul terrtorio forestale deve essere sempre svolto al massimo livello di professionalità, per evitare conseguenze che possono essere anche catastrofiche. E’ la stessa cosa che vale per i medici: è impensabile (e per fortuna nessuno ci ha pensato) programmare medici di serie A e di serie B, pena risultati disastrosi per la salute dei cittadini! Che poi esistano, nella realtà, medici A e medici B è un altro paio di maniche, ma questo non può essere un obbiettivo formativo dell’università!
Sono sicuro che esistono opinioni differenti e che ci sono atenei dove lo schema 3+2 appare adeguato.
Per chiarezza, nessuno pensa di proporre l’abolizione del 3+2, ma non si vede comunque il motivo per cui gli atenei che volessero tornare al ciclo unico di laurea (quinquennale, quadriennale più un anno di master, ecc.) non debbano poterlo fare. Anche nello spirito  di una salutare concorrenza fra gli atenei.
In realtà, a questa possibilità si frappone una difficoltà burocratica. A livello nazionale non è più prevista, per il corso di laurea in scienze forestali e ambientali, la “classe di laurea a ciclo unico”.
Non mi pare una difficoltà insormontabile.
E’ auspicabile che, in questa fase di riorganizzazione, si possa anche attivare un processo che restituisca, agli atenei interessati, la possibilità di riproporre questo tipo di proposta didattica, sperimentata con buon successo nel passato.
Gli studenti poi sceglieranno.
Marco Borghetti

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SAFE - Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali
Università degli Studi della Basilicata

Marco Borghetti

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