EDITORIALE: E’ davvero troppo il bosco in Italia?

Assistiamo da alcuni decenni alla schizofrenia dell’abbandono dei territori rurali marginali e non produttivi e, al contempo, a un consumo inarrestabile di suolo da parte di infrastrutture, poli commerciali e produttivi, espansione edificatoria sproporzionata e antinomica rispetto all’andamento demografico del nostro Paese, anche nei Comuni meno dinamici sotto il profilo economico. Negli ultimi due decenni, i soprassuoli forestali sono avanzati al ritmo di circa 35.000 ettari all’anno. Pochi sanno, però, che ogni anno, in media, sono anche stati disboscati circa 7000 ettari di bosco, per far spazio a infrastrutture viarie, cave, edifici residenziali, piste da sci (dati IUTI, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare).
In questo contesto, un articolo del recente e, per altri aspetti, ben noto decreto legge 5/2012 sulle semplificazioni interviene sulla definizione di bosco (art. 26, comma 1 lettere a e b) integrando l’art. 2 del decreto legislativo 227/2001. Qui sotto è riportata la tabella con la nuova definizione del DL 5/2012, che dovrà essere convertito in legge entro la prima settimana di aprile, rispetto a quella del Dlgs 227/2001.

Dlgs 227/2001 – Orientamento e modernizzazione del settore forestale

DL 5/2012 – Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo

Art. 2 Definizione di bosco e di arboricoltura da legno

Comma 3 lett. c – Sono assimilati a bosco le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco.

Art. 26 Definizione di bosco e di arboricoltura da legno

Comma 1 lett. a – Sono assimilati a bosco le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco.non identificabili come pascoli, prati e pascoli arborati.

Art. 2 Definizione di bosco e di arboricoltura da legno

Comma 6 – Nelle more dell’emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. È fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco.

Art. 26 Definizione di bosco e di arboricoltura da legno

Comma 1 lett. b – Nelle more dell’emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5 ivi comprese le formazioni forestali di origine artificiale realizzate su terreni agricoli a seguito dell’adesione  a misure agro ambientali promosse nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale dell’Unione europea una volta scaduti i relativi vincoli, i terrazzamenti, i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale, oggetto di recupero a fini produttivi. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. È fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco non identificabili come pascoli, prati o pascoli arborati.

Nell’intento, presumibilmente lodevole e sul quale, in linea di principio, non sono in disaccordo, di semplificare le procedure per dare maggiore possibilità di effettiva attuazione di specifiche misure dei Piani di Sviluppo Rurale, si rischia significativamente che le aggiunte del DL 5/2012 creino contenzioso e ulteriore spazio per eventuali speculazioni e consumo di suolo. Di fatto, tali aggiunte, così come espresse, sono non inequivocabilmente identificabili. Ciò vale, a esempio, per la qualificazione di pascolo arborato. Quando poi la nuova norma riporta che sono esclusi dalla definizione di bosco “i paesaggi agrari e pastorali di interesse storico coinvolti da processi di forestazione, naturale o artificiale” non si chiarisce né quali porzioni del territorio italiano siano di interesse storico (tutto il territorio o una parte? E quale?) né da quanto tempo i terreni ex agricoli coperti da soprassuoli forestali debbano essere coinvolti da processi di cosidetta forestazione per poter non essere considerati bosco (stante quanto indicato dal decreto, un terreno che è stato rimboschito oltre cento anni fa ma che si trova in un supposto paesaggio di interesse storico non è da considerare bosco se oggetto di recupero a fini produttivi nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale). Si rischia dunque che migliaia e migliaia di ettari di boschi e rimboschimenti possano essere con un tratto di penna eliminati.
Nel merito, anche penale, si sottolinea che la definizione giuridica nazionale della nozione di bosco è fondamentale ai fini del vincolo paesaggistico, e alle connesse autorizzazioni per permessi di costruire. Si considerino poi gli effetti sulla contabilizzazione dei crediti di carbonio, basata sull’inventario nazionale delle foreste: se le nuove superfici forestali diventano a rischio di disboscamento e ritorno all’agricoltura, questo potrà inficiare, in una certa misura, gli impegni del nostro Paese per Kyoto.
Lo sviluppo competitivo dei territori e la sostenibilità degli interventi per raggiungerlo non possono essere considerati obiettivi disgiunti ma devono piuttosto essere realizzati in una univoca prospettiva di ecocompatibilità (che abbia come asse prioritario anche l’arresto della tendenza negativa di consumo di suolo). In questo contesto, se può essere eventualmente utile promuovere una revisione organica del Dlgs 227/2001, e della definizione di bosco in particolare, essa dovrebbe coinvolgere in modo concertato e meditato tutti i portatori di interesse (amministrazioni pubbliche a vari livelli, operatori del settore primario, organismi non governativi, enti scientifici).
Piermaria Corona
http://www.disafri.unitus.it/staff.asp?azione=paginaUte&idPag=84

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Direttore CREA - Foreste e Legno, Arezzo

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